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| Torna all'elencoCelenza - Un abbraccio per i 20 anni della Rsa Il chiostro
Sono state due ore intense quelle della festa dei 20
anni della residenza sanitaria assistenziale (Rsa) Il chiostro a Celenza sul
Trigno (Ch), cariche di ricordi e di emozioni.
Sul grande terrazzo che sovrasta
l’ala nuova della struttura che comprende il seicentesco convento adiacente alla
chiesa di San Donato, centinaia di persone si sono radunate per ricordare
insieme i passaggi cruciali della storia della residenza che accoglie 40
persone, in prevalenza donne, con capacità di autonomia gravemente compromesse.
«Ma non si tratta di un traguardo - ha ammonito in
apertura la direttrice della Rsa, Linda Marinelli -, bensì di una tappa. Vale
la pena guardarsi indietro e condividere la gioia di aver superato insieme tante
difficoltà. Eppure dobbiamo soprattutto saper guardare avanti, perché grazie
alla Rsa Il chiostro continueremo a dare valore alla salute, alla comunità,
alle relazioni sociali, alle attività economiche e al lavoro. E, non ultimo,
alla rigenerazione di un luogo antico, che conserva anche importanti resti
archeologici, che abbiamo scoperto e che conserviamo per renderli disponibili a
tutti».
«Sono il primo cittadino di Celenza - ha detto Walter Di Laudo - ma sono anche, e mi sento soprattutto, un medico. E da medico vi assicuro che in questa Rsa, oltre ad una altissima professionalità, tutto il personale è capace di un grado di attenzione e di cura, conseguenza di virtù umane prima ancora che di competenze specialistiche, che è difficile riscontrare anche nei presidi sanitari più accreditati. La Rsa Il chiostro è riconosciuta in tutto l’Abruzzo come un servizio di eccellenza».
Non ha nascosto la sua emozione Rodrigo Cieri, sindaco di Celenza negli anni in cui la Cooperativa sociale Samidad di Lanciano (Ch) ha presentato il suo progetto di ristrutturazione e gestione, offrendo di investire 800 milioni di lire. «All’epoca si trattava di una cosa del tutto nuova, non c’erano Rsa accreditate in Abruzzo.
Molti non volevano rinunciare all’idea di avere in paese un albergo con annessa pizzeria, benché le precedenti esperienze, in questo senso, non avessero avuto successo. Eravamo di fronte ad una scelta: e l’abbiamo intrapresa con coraggio. Oggi posso dire, senza nascondervi l’emozione e la soddisfazione, che abbiamo fatto la cosa giusta dando fiducia ai cooperatori di Samidad». «Grazie a tutti - ha concluso Cieri - per quello che avete fatto e che continuate a fare».
Ne abbiamo dovute affrontare tante, ma la cosa importante - ha continuato De Lucia - è che siamo riusciti a farlo insieme. Fino a questi ultimi anni, quando abbiamo conosciuto una realtà, il Consorzio Parsifal, di cooperatori come noi, che hanno voluto rinforzare il progetto e investirci ancora: è per questo che ora l’autorizzazione e l’accreditamento sono della società Spc Il chiostro, pur restando Samidad l’autentica protagonista del servizio».
Ma l’emozione ha raggiunto l’apice quando il microfono
è passato dagli uomini alle donne. Perché è a questo punto che sono entrate in
gioco le vite e le storie degli ospiti e dei loro familiari, ed è diventato
tangibile e concreto cosa rende speciale la Rsa di Celenza sul Trigno.
«Qui a Il chiostro ci sono state mia madre e poi mia
suocera - ha detto una di loro -, ho perciò frequentato la Rsa per tanti anni,
ci sono venuta pressoché tutti i giorni, e devo dire di aver trovato sempre
accoglienza, conforto, gioia. Siete diventate - ha detto rivolgendosi alle
operatrici - la nostra seconda casa, la nostra seconda famiglia. Ora sono contenta
perché posso pubblicamente dirvi “grazie”».
«Mia madre diceva sempre - ha detto un’altra signora di
Celenza - “Come? Io, una mamma, da sola mi sono presa cura di dieci figli, e
dieci figli non riescono a prendersi cura di una mamma?” Dico questo per cercare
di trasmettervi il senso di malessere con cui abbiamo deciso di sradicare nostra
madre dalla sua casa e di portarla in una residenza per anziani. E, vi dico, la
verità, dopo un giorno ce la siamo venuti a riprendere. Ma poi non eravamo
attrezzati per gestire una malattia brutta come l’Alzheimer. Abbiamo richiamato
Linda e debbo dire che lei e tutte le operatrici sono state fantastiche: non
solo ci hanno accolto di nuovo a braccia aperte, ma hanno supportato (e sopportato!)
tutti noi figli e nipoti, trovando risposte a richieste spesso anche inedite».
In rappresentanza dell’équipe, Delinda Ranalli ha ricordato i primi
colloqui di lavoro, l’idea di una co-progettazione che «all’inizio non capivamo»,
che sembrava astrusa. «Io avevo studiato per lavorare con i computer, con le
macchine, e ad un tratto mi sono trovata a parlare con Linda che mi diceva che
avrei dovuto lavorare “con le persone”. La cooperativa mi ha accompagnato dall’inizio,
fin dalla formazione, e ora non sono la sola, siamo tante qui, a poter dire che
sono stati venti anni molto belli, in cui ci siamo riconosciute come gruppo. Soltanto
in questo modo abbiamo potuto affrontare le tante difficoltà di questo lavoro».
Un video finale, alla fine degli interventi, ha mostrato una carrellata commovente di volti, situazioni, contesti, che sono state la storia dei primi vent’anni della Rsa Il chiostro. Tutti sono rimasti a guardarlo fine alla fine, tributando poi un applauso lunghissimo ai presenti. Fa bene ogni tanto fermarsi e guardarsi indietro: non per celebrarsi, chiunque ha parlato è stato ben attento a non scivolare nel pietismo e nell’auto-encomio fine a se stesso, ma per potersi riconoscere in una storia, condividerla e dirsi reciprocamente grazie. La sensazione, quando ci si è salutati dopo il buffet, è stata quella di essere finalmente riusciti a scambiarci un abbraccio, non ancora fisico purtroppo, ma reale, vero, concreto. Ne avevamo bisogno tutti.
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