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Regole. Perché tutti gli italiani devono sviluppare quelle giuste e rispettarle per rilanciare il Paese

Autore: Roger Abravanel, Luca D′Agnese

Editore: Garzanti

Prezzo: 18,60 euro

Voto:

Per certi versi è il sequel di Meritocrazia, il libro di Abravanel ed alcuni suoi collaboratori, tra i quali lo stesso D′Agnese, che nel 2008 aprì un ampio dibattito intorno a quattro proposte concrete. L′obiettivo, allora, era di rendere l′Italia più ricca e più giusta, cercando di diffondere qualche "seme di merito". Il quale, per stessa ammissione degli autori, tarda ancora a germogliare.
Per altri versi ne è la premessa fondativa. Di fatto la meritocrazia c′è solo se c′è competizione. Ma, senza le regole, «la competizione è truccata».
 
Il nuovo libro di Abravanel è perciò dedicato all′analisi delle caratteristiche delle dinamiche regolatorie che incentivano, o, al contrario, che impediscono, ad un sistema economico-sociale, di innescare processi di sviluppo.
Con aneddoti, esempi, citazioni, richiami a studi, statistiche ed inchieste, ed attraverso un stile leggero ma al tempo stesso didattico, questo saggio riesce nel suo intento di informare ed appassionare. Ribaltando innanzitutto molti luoghi comuni sul tema. Non è vero, per esempio, che il capitalismo si sviluppi meglio senza regole. Neanche è vero che abbiamo bisogno di meno regole e più semplici. Ed ancora: non è vero che le troppe regole soffochino la piccola e media impresa, motore dell′economia italiana, né che spetti ai politici fare buone regole.



E′ vero piuttosto che in Italia ci sono regole sbagliate e cittadini che non permettono di modificarle. Che, soprattutto nei settori a rischio "sistemico" - come la sanità -, c′è bisogno di un numero maggiore di regole e sempre più complesse. Che, per migliorare, le regole hanno bisogno di essere sperimentate ma che possiamo sempre meno permetterci di sbagliare. Che la piccola impresa non solo non è bella, ma è addirittura «bruttissima».

Il fatto ora è che Regole, pur non pretendendo di «aprire gli occhi» a chi non ha voglia di capire queste cose, ha un′ambizione pratica: dare avvio a cambiamenti profondi ma indispensabili. Il pericolo, altrimenti, è che il declino del nostro Paese, già cronico, diventi irreversibile. Propone perciò delle "guerre lampo" in alcuni ambiti strategici (i servizi pubblici locali, il turismo, la scuola, la giustizia civile e i media) e cerca alleati, che investe del titolo di «alfieri delle regole». Persone che credono nel profitto come ad un interesse eticamente degno, che puntano sulle regole perché le considerano «un buon affare» e che le rispettano sempre, anche se sono sbagliate. Come Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, che combatte la mafia «non perché è il male, ma perché rallenta lo sviluppo economico».
Per cambiare, in definitiva, non bisogna per forza credere in altisonanti valori morali, come il bene comune, la protezione dell′ambiente, la legalità. Basterebbe già metterla sul piano d′una banale, mera questione di convenienza.

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