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sanità ligure
scritto da angelo stefanelli - 02.06.2010
Trovo molto discutibile la ricetta di Castellaneta, tesa a ridurre o cancellare il numero dei piccoli ospedali liguri. Prima di tutto perché ogni località con parecchie migliaia di abitanti dovrebbe disporne; si deve puntare al benessere di una popolazione che, se dotata di nosocomio o almeno di pronto soccorso, non solo subirebbe di meno i disagi legati all’anzianità, ma ne usufruirebbe in termini di posti di lavoro, la cui penuria rischia di condurre all’estero o alla disperazione le leve giovanili. Poi viene il discorso ovviamente di come opporsi al pauroso deficit da lui evidenziato, cosa non nuova a chi ogni tanto volge lo sguardo all’indietro. La sua ricetta, oltre che semplicistica, non tiene conto di un’ottica umanitaria, da integrare possibilmente con quella puramente aziendalistica. vedere di riciclare quelli minori come gerontocomi pare un’idea tesa a incrementare il ghetto dei vecchietti non più produttivi, tanto più che i marchigiani avevano escogitato una via di mezzo fra il deposito per acuti e quello per anziani alla deriva: la lungodegenza post-acuzie. Quindi non resta che seguire il modello anconitano di reparti a costi inferiori in centri muniti di un PS funzionale per ogni fascia di età, perché se subisce un trauma o un accidente qualsiasi uno residente poniamo a mioglia o a palo, se trovasse un posto di primo intervento munito di sala operatoria a Sassello, a titolo di esempio, eviterebbe di dover giungere a Savona provocando enorme disagio a se stesso, ai suoi congiunti e ai militi per andare a intasare un ospedale a cui affluiscono malati da ogni dove. cosa è meglio per un traumatizzato o malato grave? Compiere pochi km. in ambulanza per poi accedere a un PS inadeguato o venire trasportato in elicottero in un centro clinico notevole? Si dovrà forse decidere caso per caso, ma intanto smantellare una rete nosocomiale significa lasciare un grosso ospedale per ogni capoluogo di provincia oltre alla nostra città, che da sola possiede circa la metà dei 24 centri computati da castellaneta. Teniamo presente che rispetto agli anni trenta, quando c’erano ben 28 ospedali nella sola Genova e provincia, un alleggerimento sostanzioso è stato effettuato, compresi i letti che da circa 7000 sono scesi di qualche migliaio(ora sono poco più di 4000 in tutta la liguria). Non solo, ma con un numero quasi doppio di ospedali l’assetto sanitario locale non era così malconcio come adesso,ciò sta a ribadire che non è solo tagliando i letti che si affronta il problema. A un aumento della popolazione avrebbe dovuto corrispondere un aumento dei p.l., mentre è stato l’esatto contrario a succedere e infatti se diamo un’occhiata alle ex-regioni rosse, la loro sanità funziona meglio pur disponendo di meno letti rispetto a noi, ne consegue la regola aurea per cui a un maggiore numero di abitanti deve mantenersi un minore numero di letti!!!! Il prezzo da pagare per ridurre i costi in quel modo consiste nei fattacci di cronaca che riportano ogni tanto dei decessi a causa del rifiuto opposto da istituti stracolmi: finchè il prezzo da pagare è sulla pelle umana dei paria, allora si può andare avanti imperterriti a seguire il miraggio della regola aurea. Siccome la tendenza politica della maggioranza risulta non dico comunista, ma socialisteggiante, si può vedere di correre ai ripari con manovre classiste senza il timore di sfidare l’impopolarità (i punti di riferimento non mancano, come l’esperienza lionese di un secolo fa di autotassazione degli industriali locali o l’accorato appello di skultecki rivolto ai magnati per imitare i filantropi milanesi). Quindi, riepilogando, per ripianare i conti sarebbe necessario: favorire l’autotassazione o la tassazione a carico delle alte sfere, l’invio gratuito o agevolato di medicinali o apparecchi dalle farmacie o case farmaceutiche più abbienti, l’eventuale reintroduzione delle suore nei nosocomi, la creazione di una commissione apposita per una pronta e solerte identificazione degli sprechi. Se poi simili misure dovessero fallire, allora non resta che acconsentire al taglio impietoso proposto dall’ex-presidente dell’ordine.

Se non siamo riusciti in tutti questi anni a copiare i modelli delle regioni confinanti, vuol dire che dobbiamo ricorrere a misure drastiche, superate le quali si potranno riprendere i viaggi di studio nelle varie località toscane o romagnole. Il MODELLO ANGLOSASSONE DI PIANIFICAZIONE E BILANCIO DELLA SPESA SANITARIA, su cui si era basata la toscana da decenni è tuttora valido? Se si, perché non è stato osservato o lo è stato solo in parte? Nel 1987 era stato teorizzato un piano regionale ospedaliero affinchè nulla fosse lasciato al caso – esso coincide col piano sanitario regionale o è tutt’altra cosa? Il tempo e il denaro impiegati a redigere un piano pluriennale insoddisfacente o utopico non potrebbe venire destinato ad altri scopi?

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