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Non vedenti: sì ai percorsi al buio, no alle cene al buio
scritto da lucyfra - 15.05.2009
Non vedenti: sì ai percorsi al buio, no alle cene al buio

Buio per finalità didattiche, luce e colore per condividere la quotidianità

Da alcuni anni l’ex Istituto dei Ciechi di Milano ha realizzato un percorso al buio, una galleria completamente priva di luce, dove la persona vedente,
temporaneamente impossibilitata a sfruttare la vista, viene aiutata dalla guida non vedente a muoversi e a conoscere l’ambiente mediante il tatto, l’udito,
l’olfatto e il gusto. Recentemente questa struttura, che è divenuta itinerante grazie a un’importante catena di ipermercati, ha attraversato l’Italia passando
da un centro commerciale all’altro. Il percorso al buio, tramite un processo di imitazione e di immedesimazione, insegna al vedente come è possibile comportarsi
in assenza della vista e quindi ad avvicinarsi con maggiore serenità al mondo dei ciechi. La galleria termina con un bar nel quale si possono apprezzare
gusto, aroma, fragranza e forma dei cibi senza vedere cosa si sta mettendo in bocca. Ed ecco che dal bar nasce l’idea della cena al buio.

A questo punto l’immedesimazione rischia di trasformarsi in disagio. Per chi vede mangiare nell’oscurità può comportare qualche problema e non è certo l’imbarazzo
di cenare al buio che aiuta i non vedenti – e la loro condizione – a risultare più comprensibili e simpatici. Un conto è recitare il ruolo di non vedente
per un’ora, tutt’altro è essere non vedenti o ipovedenti per sempre. Nessuno può mettersi completamente nei panni dell’altro e pertanto non si può pretendere
che i vedenti riescano a capire come si svolge la quotidianità senza un senso di fondamentale importanza come la vista. Come accade per il percorso al
buio, il vedente può avvicinarsi alla realtà del cieco, imparare a conoscere la persona cieca e a rendersi utile. La finalità degli ambienti al buio consiste
nell’apprendere che cos’è la cecità, chi è il cieco, come aiutarlo. Terminata la galleria buia, tutti tornano alla luce, non vedenti compresi. I ciechi
non dovrebbero mettersi nelle condizioni di nascondersi nell’oscurità e costringere i vedenti a mangiare come loro. I non vedenti, insieme ai loro accompagnatori
e in accordo con le associazioni che li rappresentano, dovrebbero organizzare delle cene e dei pranzi in locali luminosi e colorati: la sensazione di benessere
procurata dalla luce e dal colore li contagerà, li renderà più felici, li metterà al centro dell’attenzione e permettterà ai vedenti di vedere che anche
i ciechi mangiano, parlano, piangono e ridono. I camerieri non vedenti possono esibire la loro abilità nel mettere in tavola le portate sia nel bar della
galleria al buio, sia nelle cene luminose e colorate. La serenità in un rapporto interpersonale, non vedenti da un lato e vedenti dall’altro, si raggiunge
se entrambe le parti dimostrano di muoversi insieme l’una verso l’altra. Fortunatamente, il mondo è fatto di luci e colori ed è perciò auspicabile che
i non vedenti vengano sempre più coinvolti, e allo stesso tempo si facciano coinvolgere, nella quotidianità.


Dal blog:
primule.blog.kataweb.it

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